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”È stato molto doloroso – confessa – volevo mollare. Sono riuscito ad arrivare in fondo solo perché avevo l’urgenza di restituire a mia madre quella dignità del suo passato che aveva smarrito per strada, la sua personalità, i suoi ricordi, la sua memoria.

All’inizio è stato difficile perché per primo non accettavo la sua malattia, non la guardavo negli occhi. Pensavo a torto che bastasse metterle le cuffie dell’iPod, farle ascoltare la musica classica o napoletana che amava tanto per riportarla indietro, mi raccontavo da solo una grande balla, continuavo a mentire. Noi uomini talvolta siamo così, ci ostiniamo a fuggire di fronte alla malattia. È strano, perché invece mia madre non pensava in certi momenti che a scappare di casa per andare non si sa dove, una volta a Budapest con il taxi”. – Il libro affronta un tema importante, ma senza tralasciare l’ironia, perché ora il tempo non fa più da fissativo ma da solvente: il dissolversi delle memorie della madre è il set dei ricordi del figlio. Nell’itinerario percorso in direzioni contrarie c’è la ricerca di un appuntamento, la rinnovata speranza di incontrarsi in qualche fortunato luogo dell’anima. Risalendo di ricordo in ricordo, attorno alla Casa Rossa, il cuore della memoria condivisa, ruotano gli aneddoti più malinconici ma anche più divertenti, a partire dal periodo della guerra e dai vecchi rituali cilentani, l’esplorarsi dei corpi, la scoperta del sesso. Passando per le vicende del Giulio angelo biondo, ragazzino sempre obbediente, al quale si contrappone l’alter ego Giulio il pazzo, meno inquadrato e più artista fino ai suoi primi lavori teatrali (Il trionfo dell’amore, Prima del silenzio, Lorenzaccio, Orfani, Ifigenia, L’idiota…) , il periodo di attivismo politico negli anni Settanta, l’avventura del cinema (‘Il giudice ragazzino, Pasolini, Chiedi la luna, Cuori al verde, Italiani, Mario Maria e Mario…) e il grande successo in tv. L’arrivo in casa di Nora: ”Come te era polemica e volitiva, mai una sottoposta che pagava l’omaggio al capo. Sarà per questo che dopo cinque anni di convivenza, quando le chiesi di sposarmi, tu arrivasti a domandarmi: ‘Sei proprio convinto di lei?’. Non è una bella cosa da chiedere a un figlio innamorato, qualche giorno prima delle sue nozze. Certo Nora non concedeva nulla alla diplomazia, no mamma non l’ha imparata neanche adesso, ma allora eravamo due ragazzini…”. ”C’è gente che patisce la mancanza di famiglia. Io e Nora avevamo il problema opposto: ne avevamo due che vaevano per dieci”.

Giulio Scarpati, io la memoria di mia madre che dimentica.

 

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